Steve Jobs, filosofi e ingegneri rinascimentali: il denominatore comune sono i Big Data
Il fondatore di Apple e Pixar, colui che ci ha messo in mano il primo smartphone, probabilmente l’oggetto culto più prolifico in termini di Internet of Things, ci ha anche ricordato la necessità del ritorno alla figura dell’ingegnere rinascimentale. Il problema – come ebbe a dire il buon Jobs – è connecting the dots, “unire i punti”; e non è possibile connettere i punti guardando solo in avanti, occorre anche guardare anche all’indietro.
Manager e analisti del futuro nascono dal matrimonio tra umanisti e tecnologi, in grado non solo di dare risposte immediate, ma anche di saper fare le domande giuste al momento giusto; ed ecco che Pietro Valdes, managing director di Badenoch & Clark Italy, società di executive research, racconta come all’estero sia tutto diverso: «Nel nord Europa e negli Stati Uniti si valuta molto di più la persona che i tecnicismi (come avviene, invece, in Italia).
Bisogna propagandare il mix ottimale delle conoscenze, il perfetto connubio tra saper pensare e saper fare.
Un master executive post lauream sembra rappresentare la via più efficace per accrescere la propria spendibilità lavorativa.
Un master executive post lauream in Big Data Analytics Professionals rappresenta la chiave di volta per imporsi in un mercato che sposa la tecnologia più avveniristica, strizzando l’occhio a chi invece ha studiato i grandi pensatori del passato.
Non bisogna stupirsi, quindi, se un Amazon costituirà un gruppo di intelligenza artificiale in cui lavorano gomito a gomito un dottore in filosofia e un informatico; nulla di strano se Google affiderà un progetto di Natural Language Processing (la disciplina che studia come trattare in maniera automatica ) a ingegneri e filologi.